Tag: bambine, bambini, bambini indigenti, diritti umani, istruzione, popoli e Paesi in via di sviluppo, scolarizzazione, solidarietà, speranza
“Nella mia famiglia siamo in otto. Vivevamo nello slum di Kibera in Nairobi con i nostri genitori. Nostro papà faceva qualche lavoro saltuario come idraulico e nostra madre qualche lavoretto. Ma i soldi bastavano solo per darci da mangiare, ma non per mandarci a scuola. La nostra vita era miserabile. Un giorno un nostro zio che lavorava con le suore Paoline, venne a trovarci accompagnato da una suora. Suor Teresa, vedendo la nostra situazione pregò i nostri genitori di tornare al villaggio; lei avrebbe cercato qualcuno per pagarci la scuola (al villaggio la scuola costa di meno; inoltre i nonni avevano un po’ di terra).
Così tutta la famiglia andò a vivere al villaggio, vicino ai nostri nonni. Eravamo contenti e presto iniziammo a frequentare la scuola. Però, nel novembre del 2006, la nostra mamma, mentre dava alla luce l’ottavo bambino, morì. Così rimanemmo soli con il papà e un fratellino di un giorno. Dopo il funerale, uno zio prese con sé il neonato (lui aveva un bambino di 2 anni) e questo gesto fu buono perché il bambino poté sopravvivere. Dopo tre anni nostro papà volle che anche questo bambino, che si chiama Philip, ritornasse con noi, fratelli e sorelle. Ora va a scuola.
Per alcuni anni la vita riprese e stavamo discretamente. Grazie all’aiuto costante dei benefattori, tutti andavamo a scuola. Nel 2011 però, nostro padre ha iniziato a sviluppare una protuberanza alla testa e dopo alcune lastre, scoprirono che era un tumore al cervello. Venne operato e dovettero togliere parte dell’osso cranico per rimuovere il tumore. Per sei mesi rimase con il cranio aperto per guarire. Dopo sei mesi subì una seconda operazione e rimpiazzarono l’osso cranico, rimosso precedentemente, con un osso artificiale. Grazie a Dio tutte e due le operazioni ebbero buon successo, anche se deve continuare le cure. Come conseguenza di questa malattia, le sue gambe non sono più forti e non può fare lunghi percorsi e per quelli brevi deve usare il bastone. Comunque siamo contenti che lui sia rimasto vicino a noi, specie dopo la morte di nostra madre.
Questa è ora la nostra situazione:
Noi siamo riconoscenti a Dio; a sr Teresa e a Silvia che non ci hanno mai fatto mancare l’aiuto; a Cristina Canale e altri benefattori, che non hanno mai dimenticato la famiglia di Bernard! Continuate a esserci vicini e a pregare per nostro padre perché, dall’ultimo controllo, sembra debba affrontare un’altra operazione.
Grazie a voi, anche noi abbiamo potuto frequentare la scuola come gli altri bambini!”
la famiglia di Bernard